martedì 11 marzo 2014

A la via così!



Il mio figlio, adesso ha 16 anni.
Parlare tanto con lui in macchina è una delle cose che amo di più al mondo, a volte allunghiamo il tragitto per parlare ancora di più, oppure giriamo a vuoto per poter stare in quella zona che non c'è, perché solo lì possiamo dire certe cose, perché in quella zona spazio-tempo io non sono più mamma, lui non è più un figlio adolescente, ma siamo due ricercatori della verità, e allora supposizioni, teorie, illuminazioni sul perché delle cose, discussioni sull'origine delle cose, sulla morte, sulla vita, su Star Trek, gli UFO, tutto.

Scesi dalla macchina tutto torna come sempre, vita ordinaria, io mamma e lui figlio adolescente, che non parla più.

Fino al prossimo viaggio.
A la via così!

Il Sublime




Il sublime fa molta paura e noi umani dobbiamo rifiutarlo, non abbiamo la capacità di contenere il sublime perché la nostra mente ne teme le conseguenze e si difende come può. Così semplice ed eterno così estremo e vicino, così pieno e così vuoto allo stesso tempo, che porta la mente alla pazzia. 
Lei non poteva impazzire, perché la sua mente era come la mente di un cervo, il suo corpo era come il corpo di una donna e così non c'è più possibilità di impazzire perché questa già è una pazzia.  

mercoledì 5 marzo 2014

LA STORIA DELLA MIA VITA


Mia sorella lavorava stabilmente per una compagnia di teatro di Roma.
Era felice, viaggiava, era bella.
Lavorava per G.B.C.
Un giorno mi ha chiamata e mi ha detto che serviva una grafica per il nuovo spettacolo, che era una messa in scena della Dodicesima notte di Shakespeare.
Io in realtà non avevo nessuna esperienza lavorativa, ma ero piena di entusiasmo e così sono partita per Roma con i miei disegni per fare un colloquio con il regista.
Abbiamo parlato molto e non so ancora bene il perché ma ha accettato di farmi fare il lavoro.
Ero felicissima, anche perché sarei rimasta a Roma per tutto il periodo delle prove, avrei seguito le prove.
Sono rimasta a Roma un mese nella casa di mia sorella e ho conosciuto gli attori che recitavano con lei. Era bello lavorare così, e devo dire che questa mia prima esperienza lavorativa ha segnato tutto il mio modo di progettare anche in futuro, che siano lavori di grafica, cataloghi, laboratori, insomma progetti che implicano un rapporto con qualcun altro che non sono io. Ho imparato la completa empatia, ho imparato a farmi vuota per diventare quello che devo fare, ed ogni volta è come una vertigine, perché credo di non farcela e fino all'ultimo non faccio niente, non disegno, non mi metto al computer, niente, vivo semplicemente facendomi invadere dal progetto, per poi fare tutto in uno o due giorni. E questo modo di lavorare lo devo a GBC il regista che ha creduto che potessi farcela nonostante non avessi nessuna esperienza.

Nel periodo in cui vivevo a Roma, mi sono anche molto divertita ero sempre in giro, mi piaceva tanto anche da sola, perché sola non la ero mai.
Mi ricordo che una sera ero su un autobus e mi si è avvicinato un uomo che ha cominciato a raccontarmi che Roma era popolata da enormi giganti più alti dei palazzi e che anche in quel momento ce ne era uno, ma io non sono riuscita a vederlo, perché l'autobus è passato oltre.

Ho lavorato tante altre volte per GBC e ho sempre seguito tutte le prove di ogni spettacolo.
Gli attori che lavoravano con mia sorella erano come i bambini o come i matti, non saprei. Erano belli e io ci stavo tanto bene. Questa cosa ha fatto sì che io non sia mai riuscita a lavorare in ambienti di lavoro tradizionali, come le agenzie di comunicazione o altri orribili posti del genere. Di questo sono molto contenta e scrivendo questo mio diario mi rendo conto di quanto, ogni cosa che mi è accaduta, ha avuto un senso ben preciso e che solo adesso mi risulta chiaro.

mercoledì 29 gennaio 2014

DI GIOCARE


Di giocare anche quando non ci sono più giochi.
Di giocare anche quando sono stanca e non credo di farcela.
Di giocare quando invece c'è ancora il sole e a volte quando c'è buio.
Di giocare che ci salva sempre.
Di ridere.

lunedì 20 gennaio 2014

LA STORIA DELLA MIA VITA



Ero tornata a vivere sopra al ristorante.
Mia madre aveva fatto installare un telefono che dal ristorante poteva telefonare di sopra in casa e chiamarci, a me e a mia sorella, per dire: vieni giù!!!!
Lo squillo del telefono era un'ossessione perché mentre guardavamo un film o leggevamo un libro o qualsiasi altra cosa, dovevamo mollare tutto, vestirci da cameriera o da cuoca e scendere.

Io lavoravo in cucina, ero l'aiuto cuoca. In cucina c'eravamo io, D. e A.
A. era una signora di circa cinquant'anni e quando lavoravamo parlavamo. Da piccola A. era stata mandata a lavorare come serva nella casa di ricchi signori di Milano, era una bambina e da allora non ha mai smesso di lavorare, nemmeno un giorno. Da noi veniva a fare le pulizie al mattino, poi alla sera i fine settimana stava in cucina con me e D. Poi faceva le pulizie da alcune donne del paese e alcune volte lavorava anche in un altro ristorante.
A. è una signora minuta, svelta A. non si lamenta mai, quando lavoravamo se io mi facevo prendere dallo sconforto, mi diceva: Dai dai, non pensare!
A volte veniva a lavorare con la febbre, io le chiedevo: Ma perché non sei stata a casa? E lei mi rispondeva: Io il male non lo ascolto e lui se ne va via. Se me ne occupo non mi passa.
A. non riesce più a stare seduta, perché se si siede le fanno male le gambe, allora guarda la televisione in piedi appoggiata a un tavolo.
A. è spiritosa e di notte quando finivamo al ristorante l'accompagnavo a casa con la macchina, parlavamo e ridevamo tanto.

A. l'ho rivista poco tempo fa e anche se sono passati tanti anni è ancora uguale, sono andata a trovarla con mia madre che si lamentava per il male alla schiena e A. appoggiata al suo tavolo ha riso e le ha detto: E' perché stai troppo seduta.

BAMBINI



Da qualche tempo tengo laboratori con bambini, bambine.
Io sto molto bene con loro, veramente molto bene.
Da un po' di tempo mi sono accorta che anche loro stanno bene con me e spesso mi dicono: Perchè tu sei come piccola? Sei come noi. E' inutile dire che per me è un complimento eccelso.
Una bambina mi ha addirittura invitata ad un pigiama party.

Io non ho alcun problema con i bambini perché io non li considero bambini, non li considero inferiori mai, neanche per un secondo. Al contrario penso che siano dei grandi maestri e cerco di imparare tutto quello che mi è possibile stando con loro.
A loro insegno solo gli strumenti che conosco per fare in modo che tutto quello che possiedono non venga corroso dagli adulti e loro mi sono grati perché sanno che il nostro è uno scambio basato su solide basi.

Io imparo da loro a tacere, imparo da loro il non giudizio, imparo ancora una volta a scardinare quelle che sono le convenzioni per vedere le cose come sono davvero, imparo ancora a parlare con gli oggetti, imparo a perdere il tempo, a reinventare il tempo e tante altre cose.

Io soffro quando penso ai bambini, perché sono prigionieri politici, soffro perché non hanno diritto di parola, soffro perché portano una luce che con il tempo fanno fatica a tenere accesa. Soffro perché i bambini con cui lavoro hanno già la percezione di vivere in un mondo senza speranza, mi parlano di una scuola che li opprime o li annoia nel migliore dei casi. Bambini che hanno sete di conoscere hanno sete di imparare e la loro sete viene bruciata con la noia, la mediocrità, una sete che non può essere dissetata da un insegnamento vuoto di significato.

Però i bambini non sono altro da noi, i bambini siamo noi, allora mi chiedo, ma cosa sta succedendo?

lunedì 13 gennaio 2014

LA STORIA DELLA MIA VITA



Una mia amica mi viene a trovare quando sono un po' persa, ma io non la chiamo, lei viene perché lo sa da sola. Io le dico che lei è strega e lei mi dice, siamo streghe tutte e due.
Noi in realtà non ci vediamo spesso, non ci frequentiamo mai, ma lei sente quando ho bisogno.
Come ho detto è strega.
Il giorno che è venuta mi ha portato dei regali, ci siamo sedute vicino al fuoco e abbiamo parlato e lei mi ha detto: La vita sulla terra è breve perché è troppo faticosa da sopportare.

La vita è faticosa da sopportare e quando guardo il mio figlio adolescente penso: gli avrò dato tutti gli strumenti necessari? Sarà abbastanza forte? E mi preoccupo oltre ogni misura, a volte non dormo per questa preoccupazione di mamma. Oggi mio figlio mi ha fatto vedere una vignetta di una donna incinta che dice: non riesco a dormire, poi nasce il bambino e dice: non riesco a dormire, poi il bambino cresce e ha paura di notte e lei dice: non riesco a dormire, poi diventa adolescente ed esce dicendo di non aspettarlo che torna tardi e lei dice: non riesco a dormire.

Il Castello
Alla scuola del Castello ho conosciuto tanti amici, sono stata felice per due anni, ho riso tanto e ho fatto delle cose che mi hanno fatta divertire.
Ma poi è finita la scuola e allora ho pensato: adesso devo lavorare. Così ho preparato una cartella con tutti i lavori di grafica che avevo fatto a scuola ma oltre a quelli ho preparato delle cose di mia invenzione, delle piccole ricerche che avevo fatto da sola, ad esempio avevo fatto una ricerca fotografica di tutti i disegni e le scritte sui muri di Milano, ma non graffiti, piccole scritte che la gente faceva sui muri, come se i muri della città mandassero dei messaggi. Avevo trovato delle cose molto interessanti, così avevo elaborato le scritte graficamente.
Così da brava ho preso un elenco delle pagine gialle e ho cominciato a battere a tappeto tutte le agenzie di comunicazione di Milano anche le più famose.
Sempre guardavano i lavori e tutti si interessavano molto ai miei progetti, alcuni mi facevano andare avanti con i progetti e mi dicevano: la prossima volta porta questo. Poi: bene! Ecco adesso fai quest'altro.
Poi io mi stufavo perché non si arrivava mai a niente, così non ci tornavo da quelli che mi facevano portare delle ricerche.
In altre agenzie si entusiasmavano e poi mi dicevano quanto anche loro erano creativi, e mi elencavano le loro idee creative, io stavo lì ascoltavo, poi mi facevano vedere i loro uffici che erano enormi e lussuosissimi e poi mi salutavano.
In una agenzia mi avevano presa in giro, ridevano tra di loro dei miei lavori e poi mi avevano chiesto: Ma tu sei di Marte? E giù a ridere. Quella volta uscendo ho pianto.
L'ultimo incontro è stato così, due ragazzi di un'agenzia hanno guardato i lavori seri e poi mi hanno detto: Usciamo da qui, andiamo in un bar. Siamo andati in un bar e mi hanno detto: Di dove sei? Io ho risposto e loro hanno detto: Torna là, vai via da Milano, scappa finché sei in tempo, vai via! Tu in queste agenzie moriresti, qui la creatività non esiste, vai in provincia le cose più belle vengono da là. Qui non c'è più niente.
Io quando sono tornata verso l'appartamento pensavo che me lo dicevano perché non mi volevano, ero stupida e ingenua. Ma ho spesso ripensato a quei due ragazzi che mi hanno portata fuori dall'agenzia per salvarmi e sempre con il pensiero li ringrazio.

A quel punto avevo capito che con le agenzie non c'era niente da fare, ma io non volevo andare via da Milano o meglio non volevo lasciare l'appartamento con le mie amiche, con loro stavo bene e non volevo tornare a Sabbioneta, così risposi a un annuncio dove cercavano dei ragazzi per restaurare i palazzi. Così ci andai all'appuntamento e c'era un cantiere, un'impalcatura enorme attorno a un palazzo antico, Mi è venuta incontro una ragazza che mi ha spiegato tutto e mi ha fatto salire sull'impalcatura in altissimo sul palazzo. Là in alto non sembrava di essere a Milano ma sembrava un altro posto, c'erano dei ragazzi con le tute bianche che pulivano il palazzo e quando passavo mi salutavano e sorridevano. Io ero felice in alto sul palazzo e volevo andarci vestita con la tuta bianca.
La ragazza che mi parlava era decisa e forte dirigeva lei i lavori e mi ha detto che secondo lei io andavo bene e che sicuramente mi avrebbero presa, che avrebbe parlato con il capo e mi avrebbe chiamata. Così ho lasciato il mio numero sicurissima che sarei stata presa.
Ma invece non mi hanno presa, senza spiegazioni non mi hanno presa.
Il mio destino non poteva proseguire per quella strada adesso ne sono sicura e credo che sia solo per questo motivo che non sono stata presa.
Così ho lasciato l'appartamento e le mie amiche. Era finita così. Tornavo a Sabbioneta.