lunedì 13 gennaio 2014
LA STORIA DELLA MIA VITA
Una mia amica mi viene a trovare quando sono un po' persa, ma io non la chiamo, lei viene perché lo sa da sola. Io le dico che lei è strega e lei mi dice, siamo streghe tutte e due.
Noi in realtà non ci vediamo spesso, non ci frequentiamo mai, ma lei sente quando ho bisogno.
Come ho detto è strega.
Il giorno che è venuta mi ha portato dei regali, ci siamo sedute vicino al fuoco e abbiamo parlato e lei mi ha detto: La vita sulla terra è breve perché è troppo faticosa da sopportare.
La vita è faticosa da sopportare e quando guardo il mio figlio adolescente penso: gli avrò dato tutti gli strumenti necessari? Sarà abbastanza forte? E mi preoccupo oltre ogni misura, a volte non dormo per questa preoccupazione di mamma. Oggi mio figlio mi ha fatto vedere una vignetta di una donna incinta che dice: non riesco a dormire, poi nasce il bambino e dice: non riesco a dormire, poi il bambino cresce e ha paura di notte e lei dice: non riesco a dormire, poi diventa adolescente ed esce dicendo di non aspettarlo che torna tardi e lei dice: non riesco a dormire.
Il Castello
Alla scuola del Castello ho conosciuto tanti amici, sono stata felice per due anni, ho riso tanto e ho fatto delle cose che mi hanno fatta divertire.
Ma poi è finita la scuola e allora ho pensato: adesso devo lavorare. Così ho preparato una cartella con tutti i lavori di grafica che avevo fatto a scuola ma oltre a quelli ho preparato delle cose di mia invenzione, delle piccole ricerche che avevo fatto da sola, ad esempio avevo fatto una ricerca fotografica di tutti i disegni e le scritte sui muri di Milano, ma non graffiti, piccole scritte che la gente faceva sui muri, come se i muri della città mandassero dei messaggi. Avevo trovato delle cose molto interessanti, così avevo elaborato le scritte graficamente.
Così da brava ho preso un elenco delle pagine gialle e ho cominciato a battere a tappeto tutte le agenzie di comunicazione di Milano anche le più famose.
Sempre guardavano i lavori e tutti si interessavano molto ai miei progetti, alcuni mi facevano andare avanti con i progetti e mi dicevano: la prossima volta porta questo. Poi: bene! Ecco adesso fai quest'altro.
Poi io mi stufavo perché non si arrivava mai a niente, così non ci tornavo da quelli che mi facevano portare delle ricerche.
In altre agenzie si entusiasmavano e poi mi dicevano quanto anche loro erano creativi, e mi elencavano le loro idee creative, io stavo lì ascoltavo, poi mi facevano vedere i loro uffici che erano enormi e lussuosissimi e poi mi salutavano.
In una agenzia mi avevano presa in giro, ridevano tra di loro dei miei lavori e poi mi avevano chiesto: Ma tu sei di Marte? E giù a ridere. Quella volta uscendo ho pianto.
L'ultimo incontro è stato così, due ragazzi di un'agenzia hanno guardato i lavori seri e poi mi hanno detto: Usciamo da qui, andiamo in un bar. Siamo andati in un bar e mi hanno detto: Di dove sei? Io ho risposto e loro hanno detto: Torna là, vai via da Milano, scappa finché sei in tempo, vai via! Tu in queste agenzie moriresti, qui la creatività non esiste, vai in provincia le cose più belle vengono da là. Qui non c'è più niente.
Io quando sono tornata verso l'appartamento pensavo che me lo dicevano perché non mi volevano, ero stupida e ingenua. Ma ho spesso ripensato a quei due ragazzi che mi hanno portata fuori dall'agenzia per salvarmi e sempre con il pensiero li ringrazio.
A quel punto avevo capito che con le agenzie non c'era niente da fare, ma io non volevo andare via da Milano o meglio non volevo lasciare l'appartamento con le mie amiche, con loro stavo bene e non volevo tornare a Sabbioneta, così risposi a un annuncio dove cercavano dei ragazzi per restaurare i palazzi. Così ci andai all'appuntamento e c'era un cantiere, un'impalcatura enorme attorno a un palazzo antico, Mi è venuta incontro una ragazza che mi ha spiegato tutto e mi ha fatto salire sull'impalcatura in altissimo sul palazzo. Là in alto non sembrava di essere a Milano ma sembrava un altro posto, c'erano dei ragazzi con le tute bianche che pulivano il palazzo e quando passavo mi salutavano e sorridevano. Io ero felice in alto sul palazzo e volevo andarci vestita con la tuta bianca.
La ragazza che mi parlava era decisa e forte dirigeva lei i lavori e mi ha detto che secondo lei io andavo bene e che sicuramente mi avrebbero presa, che avrebbe parlato con il capo e mi avrebbe chiamata. Così ho lasciato il mio numero sicurissima che sarei stata presa.
Ma invece non mi hanno presa, senza spiegazioni non mi hanno presa.
Il mio destino non poteva proseguire per quella strada adesso ne sono sicura e credo che sia solo per questo motivo che non sono stata presa.
Così ho lasciato l'appartamento e le mie amiche. Era finita così. Tornavo a Sabbioneta.
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