giovedì 18 luglio 2013

LA STORIA DELLA MIA VITA



Mia sorella doveva finire l'università e così decise di continuare gli studi a Milano e si trasferì con me nella casa dell'amico di mia zia.

L'appartamento era all'ultimo piano di un palazzo popolare, noi eravamo in sub affitto e dovevamo dire che eravamo delle sue parenti.
La cosa strana di questo appartamento era che in ogni stagione dell'anno c'era molto freddo ed essendo all'ultimo piano entrava sempre una specie di fuliggine dai camini.
Anche in estate prima di uscire mia sorella si metteva il cappotto, un cappello di lana, aveva un cappello che sembrava quello di Fantozzi, io invece ero nella fase 'folletto' avevo un cappello a punta e dei vestiti colorati.

Frequentavamo entrambe architettura, così uscivamo bardate in quel modo e poi ognuna andava a frequentare i suoi corsi, un giorno ci siamo incontrate e in un primo momento non ci siamo riconosciute e io nel vederla ho pensato: Quella pazza è vestita come Fantozzi, e lei ha pensato di me: Che scema, che buffona, poi avvicinandoci abbiamo capito che eravamo noi e abbiamo riso molto.

In quel periodo vivevamo come due esseri in un eremo, ridevamo molto, non avevamo molti contatti con gli altri umani, in casa non avevamo nessun apparecchio televisivo e neanche la radio.
Ancora adesso quando riparliamo di quel periodo ci viene molto da ridere, perché vivevamo come in un mondo parallelo, ma non stavamo male, ci faceva ridere tutto.
Mia sorella come sempre mi faceva degli scherzi atroci e a volte mi costringeva ad accompagnarla a vedere dei teatri o degli spettacoli d'avanguardia che per me erano delle vere torture.

Come dicevo, a me architettura faceva proprio schifo, mi annoiavo da morire, poi i corsi erano affollatissimi, a volte si doveva assistere in piedi a delle lezioni che di per se erano già insopportabili.
Non conoscevo nessuno e per quanto mi sforzassi non riuscivo a legare con nessuno. Mi ricordo che avevo conosciuto due ragazze che mi ricordavano un po' la mia amica D. così mi ci ero attaccata come un adesivo, ma capivo che loro non avevano voglia di fare amicizia con il folletto, anche perché era un folletto abbastanza lamentoso.
Così tornavo nell'appartamento pieno di fuliggine e mi consolavo con Fantozzi.

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