venerdì 30 novembre 2012

LA STORIA DELLA MIA VITA

La Casbah

La Casbah era un locale in un paese in provincia di Mantova dove andavamo spesso. 
Ci viveva una mia compagna di classe e spesso mi ospitava anche a dormire. 
In quel periodo Pegognaga, questo è il nome del paese, era molto vivo dal punto di vista culturale, organizzavano un sacco di cose, concerti, mostre, festival, e i ragazzi erano molto simpatici. 

Queste cose che scrivo sembrano scontate, ma non lo sono per niente, in quegli anni era molto più semplice per gli adolescenti trovare degli stimoli e per me in particolare sembrava una continua magia, provenivo da una palude immobile e mortifera e trovarmi a contatto con queste realtà sembrava fuori dalla realtà, mi sembrava una specie di dono prezioso. Ultimamente vedo questa palude mortifera propagarsi, come se fosse uscita dai confini del paese in cui vivevo per immobilizzare tutto. 

In ogni caso in quel periodo non era così e ogni volta che andavo a Pegognaga c'era qualcosa da vedere e una sera d'estate c'era uno spettacolo di cabaret. Ricordo che ero seduta tra il pubblico e sul palco c'era un ragazzo che faceva uno spettacolo, faceva molto ridere, ma io non ridevo, perché lo guardavo e pensavo che io quel ragazzo lo amavo perdutamente, pensavo che mi era entrato nelle vene come un siero malefico di cui avrei fatto fatica a liberarmi, e ricordo che per tutto lo spettacolo il mio corpo ha tremato. Il ragazzo sul palco ogni tanto mi guardava o così mi sembrava e ogni volta che il suo sguardo incontrava il mio, tremavo ancora più forte. 
Finito lo spettacolo è sceso dal palco parlava con i suoi amici, io parlavo con le mie amiche, ma in realtà ero come ubriaca e non sentivo le parole.
Poi il ragazzo mi ha guardato ed è venuto verso di me, si è seduto e ha cominciato a parlarmi, a fare delle battute. 
Io gli piacevo.
Così sono caduta come dentro un pozzo senza fondo con la mente annebbiata.
Da quel giorno e per molto tempo sono stata come schiava di quel sentimento e di questo ragazzo che si chiamava C.

LA STORIA DELLA MIA VITA



Mio marito

In questo capitolo parlerò di come ho conosciuto il ragazzo che poi sarebbe diventato mio marito.
La Simona di quel periodo non avrebbe mai immaginato che quel ragazzo sarebbe diventato un marito per lei, ma la Simona che scrive adesso lo sa, perché conosce il futuro e sa anche che quel ragazzo sarebbe diventato il padre di suo figlio.

Una sera ero in macchina con la sorella della mia amica e D. e ci stavamo preparando a partire per andare al Mascotte, eravamo ferme che aspettavamo un'altra macchina di amici che venivano definiti Hard Core, io non li conoscevo erano dei ragazzi nuovi che non so in quale modo erano entrati nel nostro gruppo.
Dopo un po' sono arrivati.
Dalla macchina sono usciti due ragazzoni, uno rasato e in apparenza rude e uno ricciolone un po' meno rude. Il ragazzo rasato non parlava mai, e il ricciolone parlava anche per lui.
Il rasato si chiamava D. il ricciolone S.

Quella sera sono venuti con noi al Mascotte. Per tutta la sera, sono rimasti in piedi, immobili, a fissare le persone che ballavano, io pensavo: certo che strani questi Hard Core, probabilmente hanno una regola interna per cui non possono muoversi, né interagire con gli altri esseri umani.
Mi ricordo però una sensazione strana, mi sembrava di averli sempre conosciuti, in particolare D. il rasato, mi sembrava una persona di famiglia, un parente stretto.
Devo dire che D. mi intrigava con quel suo strano comportamento.

E' passato un po' di tempo prima che i due ragazzoni cominciassero ad interagire con noi in modo convenzionale, dopo varie uscite in discoteca, dopo vari viaggi in macchina, hanno cominciato a comunicare e così ho scoperto che abitavano in un paesino in provincia di Cremona molto vicino al mio e che suonavano in un gruppo.
D. era un chitarrista e S. un bassista e stavano cercando un tastierista.
Così mi proposi come tastierista e cominciò la nostra amicizia.

sabato 24 novembre 2012

LA STORIA DELLA MIA VITA




Ieri sera sono uscita a cena con una mia amica.
Mentre mangiavamo, la radio del ristorante ha suonato la colonna sonora del film "Il tempo delle mele".
Ci siamo messe a ridere e abbiamo ricordato un po' di adolescenza, poi la mia amica mi ha detto: Ti ricordi quando mi hai raccontato la storia del fornaio? Che ridere quella storia, che ridere...
Allora io ho detto: Già... è vero, la storia del fornaio...
Così adesso ve la racconto.

La storia del fornaio

Quando frequentavo le superiori, come ho già scritto prima, non avevo il ragazzo.
Non sono mai stata una ragazza molto femminile o attraente, forse non ero molto interessata oppure avevo paura, non so fare un'indagine psicologica, sta di fatto che ero senza ragazzo.
Però mi capitava di innamorarmi segretamente di qualcuno e di vivere delle vere e proprie storie d'amore immaginarie.
Una di queste storie ce l'avevo con un ragazzo che frequentava la mia scuola,  frequentava la quinta!

Ero pazza di lui, lo guardavo da lontano, lo osservavo durante l'intervallo, lo guardavo per strada.
Si chiamava V. e secondo tutte le mie amiche era brutto.
In effetti non era bello, anzi tendeva al brutto, ma per me era bellissimo. Teneva i capelli lunghi un po' ricci, era magro, era molto timido e schivo, aveva una voce stridula che non ti aspettavi.
La sua grande passione era la chitarra elettrica, era molto bravo e suonava in vari gruppi.

Io sognavo molte avventure amorose con V., sognavo viaggi, conversazioni lunghissime e passione.

Dopo circa un anno di osservazione, non potendo più sopportare questa distanza decisi di fare qualcosa, la cosa che secondo me era più sensata fare in quel momento era quella di scrivere una lettera d'amore.
Così feci lunghe indagini per capire dove abitasse il mio amato.
Qualcuno mi disse che abitava in un paesino vicino a Mantova e che il padre faceva il fornaio, così cominciai a cercare sulle pagine gialle finche trovai un fornaio nel paese che mi era stato detto.
Così scrissi una lettera straziante e carica di passione e la spedii.

I giorni successivi alla lettera passavo vicino al mio amato e lo guardavo cercando di fargli capire che ero io l'autrice. Ma lui era come sempre, impalato e chiuso in se stesso.
Ho anche fatto indagare alcune amiche, che hanno fatto chiedere ad alcuni amici se gli fosse mai arrivata una lettera, ma sembra che non gli fosse mai arrivata.

Così a qualche fornaio nella provincia di Mantova è arrivata una lettera appassionata e piena d'amore.

Per molto tempo ho continuato ad amare V. segretamente, ogni tanto gli ho anche parlato, dicendo cose del tipo: Ciao, bello questo concerto!
E lui mi diceva cose del tipo: Sì.

Ecco questa è la storia del fornaio.
In effetti un po' fa ridere!


mercoledì 21 novembre 2012

domenica 18 novembre 2012

LA STORIA DELLA MIA VITA



La mia vita proseguiva sulla linea che ha disegnato il dottore, la scuola, i professori, l'arte, il pianoforte, i libri, il lavoro nella pizzeria, le notti infestate da creature misteriose, le serate in discoteca e i sabati pomeriggio con D.

Dopo qualche anno vissuto in quella pizzeria che si chiamava La Buca, i miei genitori decisero di ritornare nel primo ristorante in cui ci eravamo trasferiti venendo da Milano.
Siccome all'Istituto d'Arte un mio professore era architetto, decisero di fargli ristrutturare l'interno del ristorante. Così cominciarono i lavori, il mio professore fece fare una controsoffittatura di rame e poi fece fare il bancone del bar e altre pareti con un legno di color verde chiaro.

Mio padre voleva fare un ristorante serio, non più pizzeria, ma un ristorante un po' elegante.
Si fece anche vendere delle opere da un mio professore che faceva l'artista.
Per parecchio tempo e ancora adesso se ne parliamo, mio padre inveisce contro il mio professore architetto dicendo: Il tuo professore con quella maledetta controsoffittatura mi ha fatto spendere un sacco di soldi!!
Questa volta mio padre voleva realizzare un suo sogno, fare un locale diverso, con tutte le cose che amava, così fece fare anche un piccolo palcoscenico e comperò anche un pianoforte a coda, la sua idea era quella di far suonare dei musicisti, fare delle mostre e creare un ambiente particolare dove cucinare dei piatti un po' ricercati.
Mia madre non era d'accordo perché sapeva benissimo che in quelle zone non avrebbe mai funzionato un locale di quel tipo, però come sempre assecondò mio padre.

In effetti nel giro di poco tempo le paure di mia madre si rivelarono fondate, veniva poca gente e i musicisti che mio padre chiamava volevano un sacco di soldi.
Così nel giro di poco tempo il palcoscenico si trasformò nel banco pizzeria e il locale ricominciò a riempirsi come un tempo.

LA STORIA DELLA MIA VITA



Sono andata da un dottore.
Per schematizzare la mia vita ha fatto una riga, e poi su questa riga ha segnato le cose più importanti che mi sono successe.
Io ho guardato quella riga e mi sono resa conto che è proprio stata veloce, la mia vita fino ad ora è stata veloce come tracciare una riga sul foglio e disegnarci sopra dei tratteggi, delle frecce e dei punti.

T.

Continuavo le mie lezioni di pianoforte, però avevo cambiato insegnante.
Il mio nuovo insegnante, era stato per qualche mese supplente di musica alle medie, non ricordo come ho fatto a ritrovarlo e a chiedergli lezioni di pianoforte, ma così è stato e così lo scrivo.
Si chiamava T.
T. era un uomo alto con gli occhi grandi azzurri e la faccia da ragazzino.
Penso fosse un tipo strano, non lo so, non riesco mai a capire se le persone che mi piacciono sono strane.
Non usava la macchina ma andava solo in bicicletta, quando andavo a lezione a casa sua mi parlava di musica, di arte, di spiritualità.
Io amavo tantissimo andare da lui, perché non imparavo quasi niente di pianoforte, ma mi si aprivano davanti porte e porte che mi portavano in stanze mai viste prima.
Ascoltavamo i dischi e mi insegnava ad ascoltare, bene in profondità.
E' stato T. a farmi amare Béla Bartòk un compositore ungherese, un grande studioso di musica popolare mediorientale. L'ho scoperto studiando pianoforte con il suo metodo di studio Mikrokosmos e da allora l'ho amato perdutamente.
Ci sono autori, musicisti, artisti, che parlano un linguaggio che ci risulta familiare, a me succede proprio così. Li riconosco, sono la mia vera famiglia e Bartòk era uno di loro, il fatto poi, di poterlo suonare rendeva tutto ancora più intimo.
Ad un certo punto ho smesso di andare a lezione di pianoforte da T. perché era evidente che non stavo imparando quasi niente e mio padre cominciava a innervosirsi di questa storia e in effetti anche io mi sentivo un po' in colpa perché mio padre mi accompagnava in macchina mi veniva a prendere e mi pagava le lezioni e io non facevo dei gran miglioramenti.

Però ho un bel ricordo di quei pomeriggi con T.


lunedì 12 novembre 2012

LA STORIA DELLA MIA VITA

Invece ci siamo riviste.
La nostra amicizia è diventata sempre più forte.

D. aveva già la patente e anche una macchina.
Era una Ritmo azzurra con cui spesso veniva a trovarmi nel mio paesino ai confini del mondo.
La Ritmo era vecchia e un po' scassata e a me faceva molto ridere il fatto che in inverno per far funzionare il riscaldamento doveva mettere un ceppo di legno dentro al cofano.
Siccome vivevo nella bassa padana, in inverno c'era sempre una nebbia fittissima, una sera D. è arrivata stremata perché non vedeva la strada, per poi scoprire che aveva fatto tutta la strada con i fari spenti.

Con la sua macchina a volte decidevamo di partire per raggiungere le varie discoteche che frequentavamo ma puntualmente ci perdevamo, così passavamo quasi tutta la notte a cercare la discoteca, per poi finire la nottata in un bar qualsiasi che trovavamo aperto da qualche parte.
Quelle nottate a me piacevano più delle serate in discoteca perché parlavamo tantissimo ed era sempre un'avventura.

A differenza di me D. è sempre stata molto concreta, ha sempre dovuto cavarsela da sola, soprattutto economicamente, non si è mai persa, quindi averla vicina mi ha sempre dato un senso di sicurezza.
Ma la mia frenesia spesso mi portava ad essere attratta dalle novità, ad innamorarmi delle persone e delle situazioni nuove, questo per anni è stato un vero problema per me perché le persone che mi volevano bene spesso si sentivano tradite o abbandonate, senza che io me ne rendessi conto.
D. al contrario ha sempre avuto una sorta di fede incondizionata nell'amicizia, anche nei riguardi di persone con cui aveva passato l'infanzia e che negli anni nonostante si fossero trasformate rimanevano per lei punti di riferimento indiscutibili. Per me non è mai stato così, avendo sempre cambiato casa e città mi sono presto abituata a non legarmi a lungo alle persone. I rapporti si esaurivano nella mia testa come se avessero una specie di data di scadenza, anche non volendo ad un certo punto qualcosa dentro di me diceva: Basta, è finita adesso tutte le mie attenzioni sono altrove.

D. è stata l'unica persona che è riuscita caparbiamente a riportarmi indietro e ad insegnarmi a restare.
Ormai sono 26 anni che ci conosciamo, abitiamo distanti, abbiamo dei figli e ci vediamo pochissimo, ma ancora adesso ci facciamo telefonate lunghissime dove ancora parliamo per ore.

domenica 11 novembre 2012

LA STORIA DELLA MIA VITA






D.

D. è stata ed è tutt'ora un'amica speciale.
Ricordo la prima volta che l'ho conosciuta ero con la mia compagna di classe dark, avevamo preso un lavoretto come ragazze sandwich per un salone di abbronzatura, era un'assurdità dato che la mia amica era bianca come un foglio di carta e anche io comunque non scherzavo.

In quell'occasione la mia compagna di classe mi ha presentato D.
Non so bene il perché, ma ricordo che quando l'ho vista ho pensato proprio come quando ci si innamora di un uomo, ho pensato che era una specie di colpo di fulmine e che avrei voluto essere sua amica per sempre.
E così poi è stato.

D. ha occhi neri profondi che guardano fuori ma che ti permettono di vedere anche dentro.
La sua anima è ferma e decisa, ha un forte senso del giusto, del bello e dell'armonioso, ama le persone ma spesso le persone non sanno rispettare le regole del giusto e dell'armonioso e lei soffre come se fossero coltellate alla sua anima.

Naturalmente dopo quell'incontro non abbiamo mai smesso di frequentarci
Passavamo giornate lunghissime a girovagare per Mantova a parlare, a mangiare cioccolate calde 'dalla cicciona', una pasticceria di Mantova che noi avevamo soprannominato così perché era gestita da una donna cicciona molto antipatica e scortese, ma che non potevamo smettere di frequentare perché ci faceva ridere.

Andavamo sempre a ballare in discoteca e la nostra compagnia di amici era sempre più grande e bizzarra. C'erano ragazzi che venivano un po' da tutta l'Emilia. Per me era fantastico e tutto mi sembrava bellissimo, fino ad allora avevo vissuto ai confini del mondo, in una delle zone più depresse d'Italia e conoscere tutta questa varietà di persone era una vera carica di vita.
Per D. non era così e ancora adesso quando ricordiamo quel periodo io ne parlo come di un periodo bellissimo e lei mi dice sempre: Ma sai, per me non era così, io stavo male.
Io penso sempre con sbalordimento a questa cosa, perché non me ne accorgevo, nonostante lei fosse la mia più cara amica, io non mi accorgevo che lei stesse male, forse era tanta la mia fame di vita in quel periodo che in qualche modo andavo a riempire ogni spazio, forse anche il suo.

Lei dice che si sentiva brutta e che soffriva perché si innamorava perdutamente di ragazzi che invece la umiliavano, ma io penso che lei avesse una percezione della realtà che non corrispondeva affatto al vero.
D. non ha una bellezza convenzionale, ma ha una bellezza che coinvolge e lega.
Forse alcuni ragazzi erano intimiditi da lei, perché traspariva una forza potente che gli uomini fanno fatica a gestire. Infatti io mi ricordo che l'ammiravo proprio per questa forza e ammiravo il fatto che in realtà D. era sempre circondata da ragazzi, lei sapeva parlare con loro, non ne era mai intimidita, al contrario di me che invece non riuscivo a interagire che con pochi.

Un giorno ho raccontato a mia madre che avevo conosciuto D. e le avevo parlato proprio di questa cosa dicendole: Sai mamma lei non è una ragazza particolarmente bella ma i ragazzi le stanno sempre intorno. Un giorno finalmente ho invitato D. a casa mia, al ristorante per presentarla ai miei genitori e mia madre quando l'ha vista ha detto davanti a lei: Ma Simona... Mi avevi detto che era brutta, ma non è brutta la tua amica!!
Io ho pensato: Ecco, è finita. Non la rivedrò mai più.

lunedì 5 novembre 2012

LA STORIA DELLA MIA VITA



Prima di continuare con questo mio diario, vorrei ringraziare tutte le persone che lo stanno leggendo.
Per me è molto importante, perché ricordare alcune cose è doloroso, a volte è difficile, in alcuni momenti una parte di me insiste perché io smetta, ma il pensiero che alcune persone lo stiano leggendo e mi incitino a continuare mi aiuta molto.
Voglio continuare perché scrivere mi aiuta a capire tante cose, è come se la mia vita attuale si fosse sovrapposta al passato e in un modo quasi magico riuscissi a modificare alcune cose, a riappacificare il cuore, a chiudere alcune ferite.
Scrivo direttamente sul blog, non preparo niente, scrivo in diretta e la vita si srotola sulla pagina.
Grazie ancora.

LA STORIA DELLA MIA VITA




Adolescenza

La mia adolescenza è iniziata un po' in ritardo.
Una cosa di cui mi sono resa conto ultimamente è che ho sempre vissuto come osservatrice della vita altrui. In qualche modo ho sempre pensato che la vita di mia sorella, dei miei genitori e persino dei miei cani avesse una specie di priorità rispetto alla mia esistenza, mi sono sempre sentita di essere venuta al mondo per assistere e quindi quello che mi riguardava non poteva interferire con le vite altrui.
Per questo motivo tutti i drammi personali, le paure, i sentimenti sono sempre stati custoditi dentro di me, oppure li ho sempre comunicati solo in piccola parte.
Credo sia per questo che l'adolescenza vera e propria non mi ha mai travolto completamente, non sono mai entrata completamente nella fase dei tormenti sentimentali, nella ribellione tipica dell'adolescenza.

Però verso i sedici anni, ho cominciato a uscire con una mia compagna di classe che era una dark.
Era una delle ragazze più intelligenti della classe, aveva sempre voti alti, era molto simpatica e ridevamo molto. Nonostante fosse una dark e si vestisse sempre di nero era una ragazza piena di vitalità ed era anche sempre positiva. Grazie a lei ho cominciato ad uscire quasi tutti i sabati sera. Andavamo nelle discoteche più alternative del periodo, il Ritz di Novellara, il Mascotte vicino a Modena, e vari altri locali che adesso non esistono più.
Spesso mi fermavo a dormire a casa sua, e prima di partire passavamo alcune ore a vestirci, a truccarci e a cotonarci i capelli, ad ascoltare la musica che amavamo, i Cure, The Smiths, i Bauhause e tanti altri gruppi che poi avremmo ballato in discoteca.
Io amavo molto andare in questi locali perché la musica era bella e c'era una moltitudine di personaggi che sembrava esistere solo lì dentro, c'erano gli skin, i mods, i rockabilly, i dark, gli hard core, i metallari e altri gruppi di cui adesso non posso ricordare il nome.
Era come essere dentro a un film.
Per arrivare in questi locali andavamo in macchina con la sorella della mia amica, che era più grande e aveva la patente. A me lei non piaceva affatto e credo che non le piacessi nemmeno io, una sera ha buttato tutta la mia roba fuori dalla loro camera da letto urlando che la mia roba puzzava, che io puzzavo. In effetti forse un po' puzzavo di fritto, perché al ristorante spesso si friggevano i pesci gatto e quindi tutti i miei vestiti erano impregnati di quell'odore, ma lei era molto prepotente sia con me che con sua sorella, la trattava sempre male. Però aveva la macchina.

Avevamo una compagnia con cui ci trovavamo nei vari locali e con cui ballavamo tutta la sera e con cui condividevamo i viaggi.
Grazie a questa mia compagna di classe ho poi conosciuto una delle mie più care amiche, D.