La Casbah era un locale in un paese in provincia di Mantova dove andavamo spesso.
Ci viveva una mia compagna di classe e spesso mi ospitava anche a dormire.
In quel periodo Pegognaga, questo è il nome del paese, era molto vivo dal punto di vista culturale, organizzavano un sacco di cose, concerti, mostre, festival, e i ragazzi erano molto simpatici.
Queste cose che scrivo sembrano scontate, ma non lo sono per niente, in quegli anni era molto più semplice per gli adolescenti trovare degli stimoli e per me in particolare sembrava una continua magia, provenivo da una palude immobile e mortifera e trovarmi a contatto con queste realtà sembrava fuori dalla realtà, mi sembrava una specie di dono prezioso. Ultimamente vedo questa palude mortifera propagarsi, come se fosse uscita dai confini del paese in cui vivevo per immobilizzare tutto.
In ogni caso in quel periodo non era così e ogni volta che andavo a Pegognaga c'era qualcosa da vedere e una sera d'estate c'era uno spettacolo di cabaret. Ricordo che ero seduta tra il pubblico e sul palco c'era un ragazzo che faceva uno spettacolo, faceva molto ridere, ma io non ridevo, perché lo guardavo e pensavo che io quel ragazzo lo amavo perdutamente, pensavo che mi era entrato nelle vene come un siero malefico di cui avrei fatto fatica a liberarmi, e ricordo che per tutto lo spettacolo il mio corpo ha tremato. Il ragazzo sul palco ogni tanto mi guardava o così mi sembrava e ogni volta che il suo sguardo incontrava il mio, tremavo ancora più forte.
Finito lo spettacolo è sceso dal palco parlava con i suoi amici, io parlavo con le mie amiche, ma in realtà ero come ubriaca e non sentivo le parole.
Poi il ragazzo mi ha guardato ed è venuto verso di me, si è seduto e ha cominciato a parlarmi, a fare delle battute.
Io gli piacevo.
Così sono caduta come dentro un pozzo senza fondo con la mente annebbiata.
Da quel giorno e per molto tempo sono stata come schiava di quel sentimento e di questo ragazzo che si chiamava C.
Cara Simona,
RispondiEliminaè molto interessante la tua osservazione sulla "palude" che sembra diffondersi ovunque.
Ma secondo me le due paludi non sono la stessa cosa.
La prima, quella che percepivi quando eri adolescente, nasceva credo dall'inconscio collettivo delle comunità di paese. Era antitetica al cambiamento e alla storia,diciamo così.
Questa qui che adesso è dappertutto è una palude globale.
E mentre si diffondono palude e paure il cambiamento va avanti anche più velocemente
Mi piace molto leggere le tue puntate perchè ci trovo, oltre al racconto biografico, le tue osservazioni sottili sulla realtà.
Mi sembra che tu abbia dei "sensori" molto particolari con cui riesci a captare segnali in ciò che accade e ne descrivi forma e movimento con immagini suggestive.
(un esempio è stato quando avevi parlato della grande città come una "scatola", perchè hai capito benissimo che si stanno diffondendo le "scatole" con gli omini dentro...e non sono nemmeno più soltanto scatole fisiche come un apparecchio televisivo..ci sono scatole immateriali fatte di dati...ma sempre delimitanti.)
Scusa se stavolta non ho interagito col tuo racconto personale, mi sono soffermata in considerazioni su come va il mondo.
Ti saluto con affetto
Miciotta
Ciao Miciotta, hai ragione, sono due "paludi" di diverso tipo, ma sempre paludi sono...
RispondiEliminaNon mi disturba affatto che tu interagisca con il mio racconto, anzi lo scopo di questo blog è proprio l'interazione, sai che poi i tuoi commenti mi piacciono e mi fanno pensare.
Presto ti telefono.
ciao
un abbraccio
simona