mercoledì 10 ottobre 2012

LA STORIA DELLA MIA VITA



E' molto difficile, entrare nelle cose di questo mondo, si sbaglia sempre, qualsiasi azione causa degli effetti inaspettati e dolorosi per qualcuno, ogni tua azione può causare un dolore e una gioia contemporaneamente e non puoi farci niente anche se agisci al meglio delle tue possibilità.

Ritorno in paese

La vita a Mantova è durata poco, siamo rimasti solo un anno, perché mio padre ha trovato una pizzeria in un paese vicino a quello dove vivevamo prima. Questo paese, anche se sembra impossibile era ancora peggio del precedente, ma probabilmente la pizzeria era un'occasione. Così in poco tempo abbiamo fatto i bagagli, abbiamo riempito sacchi dell'immondizia e scatoloni con tutte le cose e ci siamo trasferiti.
La pizzeria aveva un appartamento al piano di sopra dove noi saremmo andati a vivere.

Nel frattempo io mi ero iscritta all'Istituto d'Arte di Mantova e mia sorella aveva finito l'ultimo anno di liceo e quindi stava per iscriversi all'università.
Gli anni trascorsi in questa pizzeria a cui mio padre aveva dato il nome emblematico di La Buca, sono stati abbastanza angoscianti, però grazie a Dio ogni mattina prendevo la corriera e andavo a Mantova, quindi non ho mai vissuto veramente in quel paese.

Come sempre si lavorava tanto, io ero addetta alla cucina e in alcune sere aiutavo mio padre a fare le pizze, mia sorella faceva la cameriera. In cucina lavorava una signora che si chiamava A.
A. era una signora che quando era piccola era stata mandata a lavorare al servizio di una famiglia e da allora non si era mai più fermata, il lavoro era diventato per lei come una sorta di meditazione, era una donna molto saggia, non si lamentava mai e per ogni problema aveva una risposta asciutta e profonda. A. non si sedeva mai e anche a casa guardava la televisione in piedi appoggiando una mano sul tavolo. Aveva il senso dell'umorismo e mi voleva bene. Mi ricordo una sera che in pizzeria c'era così tanta gente che i biglietti delle ordinazioni si accumulavano senza fine, avevamo finito quasi tutto in cucina e io mi sono messa a piangere e lei mi diceva: dai dai non piangere, andiamo avanti...
Quando era malata veniva a lavorare lo stesso e io le dicevo ma A. come fai? E lei mi rispondeva, io non lo ascolto il male e così poi lui si stanca e va via.
Nelle sere in cui mancava l'aiuto pizzaiolo mi trasferivo al forno con mio padre, ma mi vergognavo perché il bancone era aperto e tutta la gente mi vedeva, allora mio padre mi diceva: non ti devi vergognare, anche Sofia Loren faceva la pizzaiola.
In pizzeria facevamo molti fritti, pesce gatto fritto e fritti di pesce misto, l'odore saliva fino in casa e così i nostri vestiti puzzavano sempre.

Gli abitanti di quelle zone erano molto grezzi, era come se il tempo non fosse mai arrivato in quella zona del mondo e fosse rimasto inalterato. Sembrava di essere nel vecchio west americano, c'erano ancora uomini con zoccoli di capretto, tutto era mosso da istinti primordiali, le cameriere si potevano insultare liberamente e trattare come le donne dei saloon.
Così una sera io ero in cucina e mia sorella portava le pizze ai tavoli, un gruppo di ragazzotti ha cominciato a tormentarla con frasi sempre più pesanti e ad un certo punto, mia sorella ha dato uno sberlone a uno di questi ragazzi, poi è scappata in cucina piangendo, la sala è diventata improvvisamente silenziosa e immobile. Mio padre allora ha chiesto a mia sorella cosa stava succedendo, lei gli ha spiegato e lui infuriato è andato dal ragazzo gli ha tolto la sedia da sotto il sedere e l'ha sbattuto fuori.

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