mercoledì 17 ottobre 2012
LA STORIA DELLA MIA VITA
Istituto d'Arte
Quando ho cominciato a frequentare l'Istituto d'Arte di Mantova mi sono finalmente sentita a casa.
Finalmente amavo il posto in cui stavo, amavo i professori, amavo i miei compagni di classe, amavo il fatto che per ogni ora di lezione si dovesse cambiare aula, che all'interno della scuola ci fosse una mostra dei lavori degli studenti, amavo il fatto che ero a Mantova.
Mi ricordo che odiavo il sabato e la domenica perché si restava a casa e adoravo il lunedì perché potevo tornare a scuola.
Ogni mattina mi alzavo alle 6.00, scendevo nella pizzeria, dove tutto era spento, silenzioso, mi facevo un cappuccino, che bevevo in piedi nel bancone del bar, e poi uscivo. In inverno c'era un buio pesto e spesso c'era la nebbia, io a volte avevo paura, perché dovevo camminare un po' per arrivare alla fermata della corriera. Una mattina ho incontrato un tipo che circolava nel paese, che aveva un occhio bianco.
Purtroppo tutte le mattine a un'ora stabilita, che generalmente corrispondeva esattamente al momento in cui arrivavo alla fermata, mi scappava terribilmente la cacca. A volte resistevo e facevo tutto il viaggio in corriera con forti dolori alla pancia, ma a volte quando proprio non ce la potevo fare tornavo a casa a farla. Poi svegliavo mio padre e gli dicevo: papà, papà... ho perso la corriera. Allora lui si alzava subito.
Il viaggio in macchina con mio papà era molto più divertente della corriera, un po' perché avevo l'intestino in pace con se stesso e un po' perché mio papà mi faceva ridere. Mi raccontava sempre delle cose divertenti e poi sorpassava tutti e a volte litigava con gli altri automobilisti, e dopo ridevamo.
Ripensandoci i miei professori delle superiori erano davvero bravi, specialmente alcuni di loro mi hanno trasmesso un metodo di lavoro e un approccio alle cose che mi ha seguito per tutta la vita. Mi hanno insegnato a non accontentarmi mai dei primi risultati ottenuti, ma di insistere sempre fino ad essere veramente soddisfatta del risultato, a non essere superficiale.
Nella scuola c'erano anche i laboratori di ebanisteria, di metalli e di plastica. Il professore di ebanisteria sembrava un vecchio boscaiolo, era un omone alto con i capelli bianchi, e un giorno ci ha insegnato ad usare lo scalpello, siccome era un po' burbero ci aveva detto: Mai, mai la mano davanti allo scalpello, perché se vi tagliate ve la dovrete vedere con me. Io naturalmente mi sono tagliata subito e siccome avevo molta paura di vedermela con lui, ho tenuto la mano in tasca per il resto della mattina, così l'ho riempita di sangue.
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